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Dalla Raccolta Differenziata alla Partecipazione

LETTERA APERTA DI UNA CITTADINA ATTIVA

Gentile Sindaco,

Le scrivo per chiedere un incontro con l’amministrazione e i tecnici competenti che si occupano della raccolta differenziata che in alcuni quartieri della nostra città ha assunto la forma del porta a porta.

Per prima cosa mi preme ribadire, come membro del Comitato Poggetto, che abbiamo già avuto un’interlocuzione con gli amministratori che ha portato ad un parziale accoglimento delle nostre riserve in merito, essendoci stata riconosciuta l’impossibilità di attuazione di tale progetto per via Bardelli. Non un favore ma un ragionamento logico emerso dalla nostra conoscenza del territorio che abitiamo: certamente, anche grazie alla nostra capacità di restare informati, di monitorare l’evoluzione del progetto, di rilevare le criticità e segnalarle tempestivamente, prima dell’avvio del progetto stesso. Da parte dell’amministrazione la capacità di riconoscere che l’interlocuzione e l’ascolto del cittadino, che vive quotidianamente il proprio territorio, sono essenziali.

Noi ci siamo mossi nell’ottobre 2020, quindi ben prima dell’avvio del progetto, di cui eravamo a conoscenza già dall’anno precedente, ma oggi, molti quartieri si sono svegliati con il porta a porta in casa e hanno compreso la portata delle novità sulle loro pelle.

Ebbene, vorrei sottoporre a questa amministrazione la complessità di questa operazione sotto le possibili angolature, sociali e private.

Partendo da quelle private, mi pare acclarato molto di quanto scrivemmo nel documento inviato ad Alia, all’Assessore Del Re e al nostro presidente di quartiere, Cristiano Balli.

Sostanzialmente il Comune e l’azienda partecipata di Alia entrano a gamba tesa nelle nostre case.

Si arrogano il diritto di fare educazione ambientale a modo loro in casa nostradettando modalità, tempi, e persino abitudini fra le nostre mura domestiche. In tanti hanno lamentato una casa di piccole dimensioni, o famiglie numerose, o con portatori di disabilità, o anziani soli o con badante. Si entra nel merito di come sistemare dei bidoni di dubbio gusto e notevoli dimensioni. Veniamo obbligati a scendere a patti, in casa nostra, con spazi, arredamento, tempistiche esistenziali, abitudini quotidiane.

Perché mai, in una casa di dimensioni ridotte, senza terrazze dovrei convivere con questi orridi ingombri anche puzzolenti e pagare una tassa? Perché mai dovrei adattare l’arredo di casa mia, magari con mobili del ‘700 o di Le Corbusier o arte povera, a quattro cubi di color topo e giallo fanale da sistemare in qualche modo perché il mio spazio non prevede una terrazza di servizio oltre ad una da godere con il verde, su cui far fiorire piante da postare, poi, sul profilo del comune per partecipare alla manifestazione dei più bei balconi fioriti di Firenze?

Perché mai dovrei lavare ogni confezione di alimenti puteolenti con dispendio di acqua, sapone, energia e  soldi, miei, per agire una scelta ecologica, quando in Arno finiranno ancora più sostanze saponose e l’acqua, prezioso elemento, andrà per impedire che per tre giorni la confezione di pesce  mi faccia vomitare, in casa mia? Perché dovrei recarmi nei mercatini rionali a comprare frutta e verdura sfusa, se la mia vita prevede corse continue e il supermercato mi offre comodità ma alimenti quasi del tutto confezionati, che poi dovrò accumulare in un angolo di casa per una settimana nel bidone giallo limone, magari sistemato nel mio soggiorno in stile Bauhaus?

Perché l’anziano badato, che non può essere lasciato solo, deve rimanerlo per quei dieci minuti che la badante impiega per scendere a lasciare il bidone sotto casa, con il rischio di un incidente domestico? Perché un turnista o un agente di commercio che possono dovere essere fuori casa in orari non dettati dalle linee guida di Alia, anche per due giorni di seguito, non hanno la possibilità di conferire quando hanno riposato o è più comodo per loro? Perché un bambino deve giocare in cucina con i rifiuti di una settimana vicino? Perché, magari, non può stare chiuso in cameretta h 24, sempre che l’abbia? Perché una donna anziana che vive con un marito infermo deve scendere la sera dopo cena ogni giorno della sua restante vita, con il gelo, il vento, la pioggia o il caldo afoso per depositare un pesante, per lei, cubo di plastica? Perché il cittadino cui tocca il porta a porta dovrebbe mettersi in casa ogni giorno un elemento sporco che è stato tutta la notte e parte del mattino in strada alla mercè di animali e umani – eh si, anche gli umani non sono poi così meno rozzi dei loro animali – e accollarsi la pulitura giornaliera, sempre con dispendio di acqua, sostanze saponose e disinfettanti che finiranno nel nostro sistema fognario e graveranno il cittadino non solo di spese, ma di fatica, dispendio di tempo e preoccupazione. Oltre alla cocaina, in Arno si rileveranno ingenti quantità di detergenti e disinfettanti. Perché il cittadino deve rendersi responsabile per il buon mantenimento dei bidoni come se qualsiasi rottura debba dipendere da lui? Basta una folata di vento, un’auto che parcheggia, un passante screanzato e il bidone finisce in mezzo alla carreggiata, sotto un’auto, o chissà dove e il malcapitato se ne deve accollare il costo e il viaggio per riprenderne uno nuovo. Perché mai i condomini di un condominio dovrebbero accollarsi le spese per una pulizia periodica e una manutenzione di carrellati condominiali a proprie spese, su terreno privato, togliendo spazio, portando sporco e anche eventuali spese di messa in sicurezza e fruibilità, pur pagando come il resto della cittadinanza? Perché questa pesante intrusione nella vita individuale solo di alcuni cittadini, non tutti e non la maggioranza, che ci riporta ad un altro tipo di controllo fra le mura domestiche di un popolo? Perché mai alcuni cittadini devono perdere la loro libertà nel conferire cosa sia meglio per loro, a che ora desiderano, in base alla loro necessità e disponibilità, mentre la maggior parte della cittadinanza può continuare ad usufruire di un servizio come quello del cassonetto, con chiave o senza. Perché mai dotarli della chiave per un conferimento occasionale e gravarli di un’addizionale di tassa, quando, pur conferendo correttamente, scegliessero un luogo consono dove farlo con il solo aggravio del loro individuale disturbo, una loro libera scelta, senza ledere nessuno? Trovo questo una forma di accanimento sociale. Gli altri cittadini di Firenze, continueranno, pacificamente a gettare i loro rifiuti come hanno sempre fatto con lo stesso costo.

Questo solo alcuni degli aspetti privati del disagio e l’ingiusta differenziazione rispetto al resto della popolazione.

Per quanto riguarda le considerazioni di carattere sociale e ambientale: molte zone sottoposte al porta a porta le hanno chiamate “collinari”. Il che non è. Sono collinari le zone fra Careggi e la Bolognese, Serpiolle, Bellosguardo, Poggio Imperiale, il Salviatino, la Faentina, San Domenico, non il Poggetto, via Reginaldo Giuliani, via delle Gore/Niccolò da Tolentino. “Collina” ha un significato ben preciso, nel dizionario, e l’ammasso di fango su cui è stato costruito il quartiere del Poggetto non è collina, come non lo sono le zone pianeggianti e molto popolose de Il Sodo o di Sorgane. Magari lo fosse, avremmo una quotazione immobiliare più favorevole. Le nostre, sono strade nate negli anni ’50, per un progetto di allargamento urbanistico, che a tutt’oggi non sembra nemmeno accatastato, e nasce da una commistione di necessità abitative più moderne, residenziali (via Bardelli, per esempio, è una strada privata ad uso pubblico), in una zona che durante la guerra presentava campi, orti e uliveti, quindi molti condomini affollati in strade, a senso unico, pertinenziali. I marciapiedi sono proporzionati alle strade. Ovvero stretti, ci marcia agevolmente una persona alla volta. Quindi le nostre strade presentano criticità sia per la necessità di parcheggi sia di urbanizzazione, che ha portato molto passaggio di auto, e i marciapiedi stretti impongono cautela nell’occuparli con ingombri che obbligano a camminare in carreggiata. Il quartiere è quasi tutto caratterizzato da abitazioni “sottosuoli”, spesso con giardini interni e finestre sul marciapiede, già gravate dalle deiezioni liquide canine. Vogliamo posizionare questi bidoni davanti alle finestre di cittadini, o davanti alle recinzioni di giardini cui si affacciano i sottosuoli, con aggravio che il vento porta nei loro giardini materiale disperso, ovvero rifiuti altrui? L’eccesso di rifiuti che non entrano nei bidoni, come dovrebbero essere lasciati per il ritiro? Accanto ai cassonetti senza riconoscimento e poi verrà comminata una multa? E se i rifiuti non dovessero appartenere al condominio, verrà lasciato il tutto in un sacco con scritto “materiale non consono alla raccolta” o “non possiamo prenderlo se non è nel bidone” e lasciato alla responsabilità del condominio incolpevole? Abbiamo avuto modo di constatare che anche rifiuti “delicati” come pannolini e pannoloni, ritirati su richiesta, in realtà non sempre vengono smaltiti secondo appuntamento e rimangono, così, per strada, pur essendo materiale infetto, alla mercè di chiunque o, nella migliore (opinabile questo termine) delle ipotesi lasciato in casa con conseguente cattivo odore, che ognuno di noi potrà immaginare. Vi pare civiltà?  Voi vivreste volentieri così?

Mi chiederei se è stato valutato tutto il possibile per mettere il cittadino in condizioni di eguaglianza, compartecipazione attiva, volontà nell’associarsi ad un progetto simile, se sia stato proposta alla cittadinanza in fase di studio questa modalità di nuova raccolta per ascoltare le voci, le perplessità, i disagi ma anche le proposte e le idee.

Io sono venuta a conoscenza di questo nuova modalità casualmente, prima che se ne parlasse e nel momento in cui è stata lanciata, ormai era cristallizzata da moduli intoccabili e predefiniti, senza uno studio attento e compartecipato. Le spiegazioni che Alia ci fornisce a posteriori non sono frutto di un ascolto precedente ma di uno studio fra quattro mura fra “specialisti” che in modo apolitico (inteso senza partecipazione cittadina, popolare) si sono permessi di entrare nelle case d’imperio, minacciando sanzioni e innalzamenti di tariffe.  L’educazione passa per altri canali ed è responsabilità dell’amministratore, con canali persuasivi prima e di repressione e sanzione poi. La ricerca dei portoghesi è appannaggio della Guardia di Finanza. Perché far pagare ai cittadini lo smaltimento illegale di balordi o evasori togliendo loro i cassonetti a riconoscimento utente per evitare che certe categorie di persone smaltiscano presso questi ritenendoli punti di raccolta, invece di prendere in carico il problema e cercare di anticiparlo con foto trappole o l’intervento preventivo o repressivo delle forze dell’ordine? Perché far gravare sul cittadino?

Sottopongo una seria riflessione sull’opportunità di gravare su così tante famiglie che presentano criticità oggettive anche con questi disagi discriminanti, in modo specifico nel frangente attuale che stiamo vivendo, con sofferenze e ristrettezze emotive, ambientali ed economiche sempre su categorie che non hanno possibilità di ammortizzare questa modalità di raccolta rifiuti senza adeguati spazi esterni, a piani bassi, con facilità di gestione dei bidoni come ci si aspetterebbe in situazioni di ambienti consoni e condivisione scelta di tale modalità, scelta, non imposta. Un conto è scegliere e accogliere in via di Montughi o via del Pergolino o via delle Masse (quelle sono strade collinari) con case, se non ville, con parchi e giardini antistanti o tergali, con case mono o bifamiliari che ne hanno tutto lo spazio, accogliere i bidoni in spazi esterni senza soffrirne l’ingombro in casa, un altro imporli in condomini che non hanno la struttura architettonica dei palazzi con corte del nord Italia e la tradizione, e possibilità economica, del portierato.

Si chiede, quindi, un confronto franco e disponibile al cambiamento con la popolazione interessata, per trovare soluzioni alternative e veramente democratiche e partecipate in un ambito così importante come il benessere e la salute delle famiglie.

Priscilla Taddei                                                                                             Firenze, 13 aprile 2021

 

 

3 pensieri riguardo “Dalla Raccolta Differenziata alla Partecipazione

  • Priscilla Taddei

    Man mano che si procede nella conoscenza dei vari aspetti che coinvolgono
    il settore della raccolta differenziata e delle sue modalità emergono
    criticità che, forse, non sono state contemplate per ignoranza, non
    ascolto della cittadinanza nei suoi più poliedrici vissuti, non adeguata
    preparazione, sottostima dell’impatto ambientale e forse della
    gestione non accurata delle risorse e dell’incapacità organizzativa.
    Certo è che, seppur in piccola parte, questa quota di utenza non può pagare
    pegno e ha il diritto di essere ascoltata e messa al pari del resto della
    cittadinanza per giustizia e dignità.
    Apprezziamo molto il fatto che il servizio del porta a porta abbia
    raggiunto strade e utenze prima difficilmente servite e, come è giusto e
    sacrosanto che queste, paganti, possano usufruire di un buon servizio,
    anche le altre che si trovano discriminate per un appiattimento del
    sistema, trovino una adeguata soluzione.

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  • Franco Alajmo

    (Riceviamo da alcuni operatori socio sanitari di Firenze, e volentieri pubblichiamo)

    Facendo seguito alle numerose segnalazioni di disagio rilevato in vari settori di quartieri della città da parte dei residenti che si trovano in difficoltà con la raccolta porta a porta, vorremmo far conoscere anche la nostra difficoltà e il nostro disagio di Operatori Socio Sanitari. Siamo più di 100 operatrici, dipendenti di una cooperativa che ha in appalto servizi per conto del Comune nei quartieri 1 e 5, e siamo in continua comunicazione con i servizi di assistenza sociale. Siamo quelle figure specializzate che entrano nelle case dei pazienti per somministrare terapie, per dare una mano in situazioni di non autosufficienza, magari in assenza di badanti o collaboratori domestici fissi, provvedendo alla pulizia personale, alla spesa e anche al recapito di pasti.

    Ebbene, in questo periodo ci troviamo ad entrare in abitazioni dove la nettezza giace da giorni e giorni, magari nelle immediate adiacenze delle camere di pazienti, soprattutto allettati. Questo accumulo di spazzatura provoca odori sgradevoli e riduce dello spazio in cui gli operatori possono agire liberamente e fare in sicurezza il loro lavoro. Ma soprattutto denunciamo il rischio che si profila in alcune situazioni, chiaramente non idonee al porta a porta, soprattutto per l’igiene, la salute e la dignità dei nostri pazienti iper fragili, allettati e non, a maggior ragione quando si accumulano pannoloni pieni di feci maleodoranti che non possono essere smaltiti quotidianamente.

    Il nostro SSR vanta un’assistenza domiciliare capillare anche per venire incontro all’utenza, sempre più numerosa, e garantire una vita dignitosa, nella malattia, a tantissimi disabili o anziani non autosufficienti. Nello stesso tempo però si creano i presupposti per situazioni di degrado ambientale nelle case, si riducono gli spazi vitali delle persone e le si costringe a sopportare gli odori dei loro rifiuti, organici, biologici e inerti, per giorni e giorni. Troviamo scandaloso che l’aspetto sanitario del porta a porta non sia stato preso in considerazione dagli assessori preposti. Questo aspetto non riguarda solo le procedure di un corretto riciclo, ma anche gli aspetti sanitari generali (non ultima la salute mentale), igienici, ambientali ed etici. Nelle case e fuori. Senza contare il fatto che noi lavoratori ci troviamo costretti ad operare in abitazioni che puzzano come discariche e ci dobbiamo restare fino a lavoro finito senza poter intervenire.

    Sperando di poter essere ascoltati per trovare una soluzione condivisa anche con quella parte di cittadinanza fragile che assistiamo.

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  • Franco Alajmo

    Questo è solo un esempio di come troppo spesso le decisioni di un’amministrazione passino sopra i cittadini, senza ascoltare problematiche e esigenze. La partecipazione sembra essere solo una bella parola.

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