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Riflessioni di fine estate

“La sanità è allo sbando, siamo alla frutta, il servizio sanitario nazionale è un bene comune da difendere, lotta alle disuguaglianze, diritto all’accesso, un SSN più equo, presa in carico, cure territoriali, gli eroi del servizio sanitario…” – questi gli slogan e i commenti che sentiamo quotidianamente e vediamo nei social.

Già, gli eroi: questi dimenticati.

Ancora non siamo fuori dalla pandemia, anche se la fine dello stato di emergenza e la voglia folle di tutti di tornare alla vecchia normalità (quella vecchia, neppure alla nuova si pensa più), e inoltre la guerra, il rincaro indiscriminato dell’energia e di tutti i beni essenziali, una inopinata campagna elettorale estiva, tutto questo lascia che la sanità vada rapidamente allo sbando, forse una deriva irreparabile vista di buon occhio solo da coloro che hanno interesse in un prossimo futuro a che la sanità funzioni nella prospettiva di arricchire tutto il mondo che girerà intorno a servizi privatizzati, di eccellenza per chi se li potrà permettere, praticamente inesistenti per gli altri, e dove il settore pubblico si dovrà fare carico solo di ciò che non è lucrativo, a partire dal settore dell’emergenza.

Un’analisi della situazione che possa inquadrare a grandi linee le problematiche della nostra sanità è necessariamente centrata su 4 livelli: il primo è il livello nazionale, che da un lato sconta anni di cattiva programmazione e ridotto finanziamento del SSN, oggi acuito, nonostante i previsti importanti finanziamenti del PNRR, dal non avere avuto maggioranze in grado di fare chiare scelte, particolarmente nell’ultimo periodo, con un governo di ‘esperti’ sostenuto da un quadro politico assolutamente non coeso. Il livello regionale, mi riferisco alla nostra regione, mostra scarsi interesse e capacità decisionale, una scarsa volontà di ascolto, testimoniata tra l’altro dal mancato rinnovo – dopo quasi due anni – dell’Organismo Toscano di Governo Clinico, che aveva prodotto una grossa partecipazione di professionisti e cittadini nell’analisi dei bisogni di salute e nella proposizione di innovazione e soluzioni: quasi come si volesse campare di rendita con un servizio sanitario che è stato uno dei migliori tra le regioni italiane. Terzo, la crisi (numerica e motivazionale) della componente professionale, non solo medica, l’incapacità di fare sintesi nella valutazione dei momenti critici e nella fase di proposte: ognuno vede le cose con l’occhio del proprio vissuto di medico di medicina generale, o dell’emergenza, o del sistema ospedaliero o quant’altro, con probabilmente una eccessiva sindacalizzazione delle posizioni e minima predisposizione al cambiamento verso una ‘nuova sanità’, o peggio ancora al cambiamento tout court. Infine i cittadini: disinformati, disorganizzati, disperati in una loro solitudine di fronte al mondo della sanità, sempre più sfiduciati e impossibilitati a orientarsi nei percorsi di diagnosi e cura, difficilmente accessibili e condizionanti sempre maggiori diseguaglianze. Le stesse associazioni di tutela e di pazienti riescono scarsamente a essere incisive nei rapporti con le istituzioni sanitarie, nonostante un sistema partecipativo regionale strutturato, ma funzionante a macchia di leopardo.

Servizio sanitario e sistema sanitario non sono sinonimi. Certamente la sanità deve essere un servizio, un servizio da (ri)costruire all’interno di un sistema complesso, una rete di servizi, di cui vanno riscritti i principi, le finalità, i percorsi, le modalità organizzative e giuridiche, i modelli di carriera dei professionisti tutti che vi operano (all’interno del servizio pubblico e – perché no? – in strutture esterne coordinate), la governance stessa, che dovrà essere affidata, al di là delle scelte politiche di base, ai professionisti (tutti), che dovranno avere appunto la necessaria competenza professionale ed essere auspicabilmente (dovrebbe essere ‘obbligatoriamente’) ispirati a quei principi deontologicamente ed eticamente alla base di tutto: senza trascurare quanto importante deve essere la voce dei cittadini, costruttori e fruitori dei servizi per la salute (sociali e sanitari), dalla prevenzione alla diagnosi e alla cura (nell’acuzie e nella cronicità), sul territorio e in ospedale, la voce delle persone più fragili, nelle sedi più appropriate nelle diverse fasi della loro vita. Cittadini che devono essere formati e informati, soprattutto ascoltati, che devono potere esprimere i loro bisogni di salute, individuali e collettivi. ‘Il tempo di relazione è tempo di cura’: belle parole o belle frasi nelle delibere, ma chi ha tempo o voglia di comunicare? Tutti i medici hanno capito l’importanza della relazione e della comunicazione, anche in relazione al problema della medicina difensiva?

Un mondo utopico? All’estero ci invidiano ancora il nostro modello sanitario, con tutte le sue storture e i suoi guai. Ma un modello imperfetto può essere migliorato, non dobbiamo ripartire dal nulla. Il PNRR farà piovere molti soldi sulla nostra sanità, per infrastrutture da edificare o rinnovare e nuove tecnologie e sistemi informatici, strumenti da utilizzare a supporto della medicina. Luoghi fisici e strumenti, case e ospedali di comunità… tutto da completare nel 2026, ma i modelli funzionali servono già domani, anzi oggi stesso, e devono essere ripensati e attuati unendo tutte le forze, le professionalità e le necessità, per fare massa critica e fare arrivare alla politica (nazionale e locale) proposte concrete, chiare, attuabili, che univocamente possano raggiungere pazienti e cittadini e farli sentire meno soli nel momento delle loro massime difficoltà.

Le critiche al sistema sono facili, vediamo ogni giorno le sue falle, la scarsità del numero dei professionisti, a cominciare dai medici dell’emergenza, la disaffezione al lavoro, la fuga verso il privato che viene ritenuto – probabilmente a ragione – meno stressante e più remunerativo per chi ci lavora, le risorse umane e professionali che da chi amministra vengono considerate numeri, pedine da manovrare e spostare qua e là, pazienti sempre più soli e disperati, cittadini che perdono fiducia ogni giorno di più. Non conosciamo i numeri esatti di quanti siano i cittadini che non trovano risposte adeguate ai loro bisogni di salute: Dieci per cento, cinque, uno per cento? Sicuramente molti di più sono quelli che trovano risposte soddisfacenti o buone nei loro percorsi di diagnosi e cura, ma nessuno ne parla, questo viene dato per scontato. Avere in Toscana il 40% di accessi impropri al pronto soccorso (contro il 15% della media nazionale) è un dato che deve farci meditare: i servizi territoriali più appropriati devono essere potenziati, a partire dalla medicina di gruppo (tutti i medici di medicina generale sono inseriti in una AFT, nelle aggregazioni funzionali territoriali) che deve comprendere anche gli specialisti, da una maggiore integrazione tra ospedale e territorio e tra territorio e ospedale, migliorando gli snodi dell’emergenza-urgenza-pronto soccorso e della continuità assistenziale, magari attraverso periodi di formazione obbligatoria in questi settori per tutti medici in questi settori agli inizi della loro carriera.

Servono proposte condivise.

Sediamoci tutti insieme intorno a dei tavoli in cui discutere serenamente dei problemi e cercare di dare risposte utili da proporre ai decisori politici. Lavorare sull’origine dei problemi, non con pannicelli caldi per tappare alcuni buchi quando diventano troppo evidenti. Conservare il nostro servizio sanitario è un nostro dovere etico: è un bene comune prezioso da non disperdere. La sfida non sarà facile, ma è necessaria.

Dimenticavo: in questa campagna elettorale tutti sembrano essersi dimenticati della sanità e della nostra salute.

Punti aggiuntivi di criticità: incertezza del quadro politico nel breve-medio termine, scarso ascolto da parte dei decisori politici.

Punti di valore per Cittadinanzattiva Toscana:  rinnovamento della nostra azione, propositività sui territori, per essere interlocutori affidabili delle istituzioni, a iniziare dal campo della sanità, che dobbiamo leggere nella sua accezione più ampia, la tutela della salute, che parta dalla tutela dell’ambiente e dall’educazione alle buone pratiche, fino dal mondo della scuola, che continui con la prevenzione, che è stata largamente trascurata in questi due anni di pandemia, alle cure il più possibile da garantire sul territorio e integrate con le strutture di ricovero, a tutti gli aspetti sociali, sempre più pressanti e sempre più da garantire in questa epoca storica, dove il fenomeno delle diseguaglianze si allarga sempre più, alle situazioni di disagio particolarmente accentuate nel mondo giovanile.

Raggiungere una NUOVA NORMALITA’: che non può prescindere dagli interventi sui vecchi problemi, le liste di attesa, la mancata attuazione dei LEA, il recupero delle prestazioni sanitarie, di cura, di diagnosi e di prevenzione, non effettuate per l’emergenza Covid-19.

Quindi l’INNOVAZIONE. Si pensa a nuove tecnologie, a nuovi strumenti e nuove apparecchiature. Tutto questo è vero. Ma se ciò non si traduce in nuovi servizi per i cittadini, l’innovazione rischia di restare un concetto vuoto.

Il tema della comunicazione è fondamentale, sia per l’aspetto di trasmissione delle informazioni, sia per l’aspetto partecipativo/empatico che è centrale nei percorsi di cura: Nonostante il riconoscimento largamente condiviso da tempo di questo principio, nella pratica corrente esso è spesso disatteso. Importanza fondamentale della comunicazione tra governo della sanità e cittadini, tra governo della sanità e professionisti, tra professionisti e cittadini, ma anche tra professionisti e professionisti. Comunicazione che deve essere corretta, efficace, chiara, partecipata. Serve il protagonismo di tutti, cultura etica della sicurezza e della responsabilità, creazione di un clima di fiducia: i cittadini devono essere non una controparte, bensì compartecipi di chi deve garantire equamente il diritto alla salute.

Implementazione di nuovi modelli organizzativi e relazionali che, con il supporto della tecnologia e attraverso sinergie, possono consentire una reale presa in carico del paziente e migliorare la qualità di vita dei cittadini, ma anche dei professionisti sanitari.

Per questo già stiamo lavorando in sinergia con i nostri partner  su progetti innovativi di integrazione socio-sanitaria, coinvolgendo diversi stakeholders e le stesse istituzioni.

Uniamo tutti le nostre forze, per una vera alleanza di cura e di presa in carico (to care + to cure) tra sanitari e cittadini.

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