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Infermieristica di comunità e nuova sanità territoriale

Si è svolta a Arezzo la 16° edizione del Forum Risk Management , come sempre molto partecipata e attenta a tutti gli aspetti del mondo della salute e della sanità.

All’interno del Forum abbiamo partecipato all’interessante tavola rotonda organizzata dalla Consulta permanente delle Associazioni di pazienti e cittadini di  FNOPI. Moderata dalla Dr.ssa Marina Vanzetta, ha visto l’intervento del dr. Tonino Aceti, Presidente di Salutequità, su “lo stato dell’arte delle risposte territoriali del SSN e le prospettive future” e una interessante presentazione del Dr. Nicola Draoli, Consigliere Nazionale FNOPI, su “L’evoluzione delle competenze specialistiche dell’infermiere come risposta al mutare dei bisogni di salute”.

L’obiettivo del tavolo di lavoro era raccogliere le istanze dei rappresentanti delle associazioni di cittadini e pazienti, attraverso il dibattito e il confronto aperto, per l’elaborazione di un posizionamento congiunto con la FNOPI sulle necessità degli assistiti e di come l’infermieristica di famiglia e comunità possa contribuire ad assolverle.

In rappresentanza di Cittadinanzattiva, al termine delle presentazioni ci siamo fatti portatori delle necessità rilevate anche in vari incontri con i Comitati di Partecipazione e i Gruppi di Lavoro del Consiglio dei cittadini per la salute della Regione Toscana , in particolar modo legati al modello organizzativo delle Case di Comunità e degli Ospedali di Comunità, attualmente in discussione per l’elaborazione del PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza), soprattutto su ciò che non è ancora definito, lo snodo cruciale dell’ultimo miglio (o ultimi 30 Km!) tra casa di comunità e cittadini.

Il primo elemento in discussione proprio in questi giorni, non chiaro, è il numero delle Case di comunità da costruire. A titolo esemplificativo ciò che è più vicino a noi: sono previste in Toscana 77 Case dei comunità da finanziare con il PNRR (su una previsione complessiva di circa 150), ma come saranno distribuite e quali saranno i modelli organizzativi corrispondenti alle 3 Aziende sanitarie, così diverse tra loro e al loro interno per territorio, aspetti demografici e bisogni di cittadini e pazienti?

Altri interventi dei rappresentanti delle associazioni hanno riguardato la grande dicotomia che c’è tra i dati delle istituzioni sanitarie e la reale vita dei pazienti, che ha impatti su voci di spesa di carattere sociale e che vengono rilevate da altri istituti e  assolutamente non integrate per una lettura olistica, oppure domande rispetto al tipo di organizzazione e competenze che dovrebbero avere gli infermieri di famiglia e comunità (IFeC) per un’assistenza continuativa ospedale-territorio-domicilio, sottolineando quanto sia importante per il paziente cronico e le persone con disabilità l’assistenza dell’infermiere, che per le sue caratteristiche e per la continuativa presenza, talvolta, è più importante di quella medica.

Quello che emerge è la dimensione della sfida che abbiamo davanti. Da una parte risorse che grazie al PNRR possono arrivare copiose e dall’altra bisogni che vengono espressi, con la speranza di chi potrebbe finalmente avere risposte concrete per la presa in carico olistica del paziente.

E’ anche fonte di grande speranza vedere che queste istanze vengono raccolte da professionisti sanitari vicini al paziente e disposti a mettere in discussione la propria categoria per migliorare le risposte e trovare sinergie e convergenze.

Proprio in tema di convergenze, siamo stati accompagnati al Forum di Arezzo da Letizia Bocciardi, fondatrice di Healthability , che ha evidenziato nel suo intervento come, “quando osserviamo questi fenomeni con un certo distacco emotivo,  ci rendiamo conto che la dimensione della sfida di una sanità One-health, soprattutto se messa in relazione alla mancanza di dati sulla parte della salute sociale, la mancanza di personale qualificato, le competenze da aggiornare, i silos da superare, le infrastrutture da creare e le persone da abilitare, lo sconforto che ne deriva è del tutto giustificato”.

Ma se è vero che i cambiamenti iniziano dalle piccole cose, sicuramente possiamo iniziare tutti in sinergia un percorso tale da aggiungere alle competenze in ambito strategico e gestionale per creare un piano che possa concretizzare gli obiettivi auspicati, quelle competenze professionali di chi vive sul campo questa difficile fase di ripresa e ricostruzione di un nuovo modello di sanità dopo lo tsunami della pandemia.

Integrazione ospedale-territorio/territorio-ospedale e integrazione socio-sanitaria, nuove tecnologie digitali nel rispetto e nella valorizzazione delle persone (cittadini, pazienti e professionisti tutti), dovranno essere coniugate nella risposta alla difficile sfida per promuovere e salvaguardare la salute che ci attende.

 

 

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